Gen 4, 2015 Eventi e Iniziative, Notizie, Progetti

INTRODUZIONE
Il progetto “Fisco e legalità” rappresenta un percorso educativo che la scuola sta svolgendo da cinque anni per favorire, nei giovani, la maturazione di una coscienza civile attiva e partecipe, unitamente all’acquisizione di competenze di natura professionale. La formazione delle competenze basilari di cittadinanza non può avvenire solamente mediante lo studio teorico, ma richiede attività di natura pratica o, per meglio dire, l’uso delle conoscenze in situazione, al fine di favorire lo sviluppo di competenze. Queste ultime, infatti, si generano in contesti pratici che assumono caratteristiche specifiche e non previste, quando cioè le consuete risposte ai problemi emersi si rivelano inefficaci. Nascono quando l’attività intellettuale dei giovani si confronta con la realtà effettiva ed assume atteggiamenti di problem solving, i quali non sono riconducibili alla tradizionale narrativa d’insegnamento. Lo studio di casi, infatti, non si adatta alle categorie didattiche tradizionali, semplicemente perché la realtà multiforme dei casi non può essere ridotta agli schemi invalsi.

In senso ancora più generale, le competenze nascono laddove gli apprendimenti scolastici si confrontano con la società e con le problematiche sempre nuove che in essa si manifestano.

Il presupposto del progetto, dunque, è che la scuola non costituisca una realtà a sé stante, separata o svincolata dalla società che la ospita, ma sia un “luogo sociale”, inserito nelle trame relazionali e comportamentali che la pervadono e che costituiscono il mondo sociale. Lo sforzo di creare la scuola come ambiente separato, per perseguire in maniera asettica la sua mission, è vano e inane. La scuola è essa stessa società, anzi tutto perché la globalità e la velocità dei linguaggi elettronici del mondo attuale non possono essere interrotte o espulse dagli ambienti scolastici. Oggi i nostri corpi veicolano l’informazione e, ad esempio, la “guerra” nelle scuole contro gli smartphone, con il relativo carico di sanzioni disciplinari, è già persa. Un’attività di autentico valore educativo, a nostro avviso, non può non prevedere una didattica intelligente che usi tutti i device di cui dispongono gli alunni, ponendo in subordine gli effetti negativi che da essi derivano. Analogamente si può studiare efficacemente il diritto tributario confrontandosi con la fenomenica negativa che lo connota e cioè con i contenziosi fiscali.

La diffusione del contenzioso testimonia, da un lato, la decadenza di valori e principi condivisi unitamente alla crisi dei soggetti “politici” decisionali (non a caso “suppliti” dai giudici), ma dall’altro lato dimostra una continua evoluzione della giurisprudenza che arricchisce il diritto tributario. Il contenzioso, dunque, pur muovendosi nel contesto circoscritto delle cause dibattimentali, può rappresentare il luogo in cui sviluppare percorsi educativi e di apprendimento di valore universalistico. Oggi noi riconosciamo l’oggettività e l’imparzialità dell’insegnamento nell’insieme complesso di interpretazioni delimitate e connesse a situazioni specifiche (come le cause dibattimentali e le relative sentenze), poiché solo la coesistenza di molteplici letture ermeneutiche connota la cultura e la vita delle democrazie postmoderne.

Per queste ragioni abbiamo scelto di affrontare un tema di attualità cruciale come quello del contenzioso tributario, senza paura del confronto con i vari punti di vista, anche con quelli che – a nostro parere – possiedono uno scarso valore educativo e presentano l’evasione e l’elusione come forme giustificate di autodifesa del cittadino.

Il principio da cui siamo partiti è quello che si legge nelle prime pagine dei manuali di Diritto Tributario e cioè che il prelievo fiscale è giustificato dalla fruizione di servizi pubblici essenziali (scuola, sanità, ecc.). In tal senso esso rappresenta una delle funzioni più importanti e nobili del vivere associato.

STORIA DEL PROGETTO
Il progetto “Fisco e Legalità” è stato realizzato tutti gli anni a partire dal 2010/2011 in collaborazione con l’A.M.T. Nel corso di questo periodo ha subito cambiamenti e innovazioni (ancorché la sostanza restasse invariata), evolvendosi fino a raggiungere la forma attuale. Durante la fase finale, che è quella della simulazione pubblica del processo tributario (si veda più avanti), abbiamo ospitato altre scuole interessate al progetto, con le quali avevamo organizzato alcuni momenti di scambio.

In questo periodo, inoltre, abbiamo avuto modo di interloquire con i docenti di varie scuole italiane che erano a conoscenza del progetto stesso. In molti casi abbiamo offerto loro informazioni circa la nostra esperienza e abbiamo dato indicazioni.

In considerazione di quanto sopra, possiamo dire che il progetto abbia avuto una certa diffusione a livello nazionale.

Esso è nato grazie alla concomitanza di due elementi che hanno determinato una favorevole opportunità.

Il primo di essi è dato dalla cosiddetta Riforma Gelmini e dalla scelta del nostro Collegio dei docenti di ridurre l’unità oraria di lezione. In questo modo si è posta l’esigenza del recupero del tempo di lezione da parte dei docenti. Sono state così inserite, nelle classi quarte e quinte del corso Amministrazione Finanza e Marketing, due unità settimanali di lezione per il recupero. Esse poi, sempre in base ad una delibera del Collegio, hanno assunto la veste di una “nuova” disciplina denominata “Laboratorio d’Impresa”. Nell’ambito di questo insegnamento è stato sviluppato il progetto “Fisco e Legalità”.

Il secondo elemento è rappresentato dalla presenza di alcuni docenti fortemente interessati al tema in questione per motivi professionali. Alcuni di essi, infatti, esercitavano ed esercitano la professione di commercialista e in ragione di ciò hanno esperienza del processo tributario nei suoi vari gradi. Un docente, inoltre, in qualità di Giudice Tributario e tuttora componente di Commissione Tributaria, ha messo al servizio della Scuola la sua professionalità per l’implementazione del progetto. La ricchezza di tali apporti professionali si è quindi indirizzata alla didattica, costruendo i percorsi d’insegnamento sulla cui base è nato “Fisco e Legalità”.

La compresenza degli elementi testé menzionati ha consentito l’ideazione del progetto, la sua implementazione e lo sviluppo negli anni successivi.

OBIETTIVI
La finalità del progetto, come si è visto, è rappresentata dallo sviluppo nei giovani della cultura della legalità e del senso di responsabilità civile e sociale, legato all’esercizio della cittadinanza attiva. In altri termini, mediante la promozione di un’educazione favorevole alla convivenza civile e alla coesione sociale, cerchiamo di favorire lo sviluppo, anzi tutto nella comunità scolastica, di rapporti fondati sullo scambio reciproco, sul rispetto delle regole e sulla fiducia. In sintesi, la nostra finalità essenziale è quella di far maturare nei giovani le competenze basilari di cittadinanza, formare la loro coscienza civica e incrementare il capitale sociale diffuso.

Il primo obiettivo, com’è ovvio, è quello di migliorare tra i giovani la conoscenza della materia fiscale, in modo da arricchire e potenziare la loro formazione. Esso consente anche di promuovere la loro consapevolezza circa il ruolo di futuri contribuenti e il fatto che l’obbligazione tributaria è alla base dei diritti garantiti dallo Stato, quali la salute, la scuola, la sicurezza ecc.

Un altro obiettivo specifico che caratterizza il progetto è quello di consentire agli alunni l’acquisizione delle competenze necessarie al loro inserimento nel mondo del lavoro, che sono, da un lato, competenze di natura tecnica e, dall’altro, di natura relazionale (le cosiddette soft skill) . Queste ultime, in particolare, riguardano lo sviluppo di atteggiamenti di problem solving, la capacità di lavorare in gruppo, di dibattere per la risoluzione dei problemi, l’acquisizione di un’etica del lavoro con atteggiamenti di lealtà verso l’organizzazione di appartenenza, ecc. .

Ultimo obiettivo, ma non in ordine di importanza, è quello di consentire agli alunni l’acquisizione di competenze in situazione, atte cioè a svilupparsi in contesti specifici. Esso può essere realizzato – come vedremo – solo tramite la didattica laboratoriale.

IL METODO DI STUDIO DEI CASI E LA DIDATTICA LABORATORIALE

Lo studio di casi rappresenta una metodologia molto proficua in senso educativo, ancorché raramente praticata. Esso consente ai giovani di “muoversi” su un piano pratico e operativo e non solamente su quello tradizionale delle conoscenze, acquisite perlopiù dai libri di testo e dalle spiegazioni dei docenti.

Per quanto riguarda il progetto, i casi in questione sono attinenti alla giustizia tributaria e consentono la realizzazione di una didattica finalizzata alle competenze. Essi, infatti, vengono presentati ai giovani che li studiano, sotto la guida dei docenti, analizzando l’oggetto del contenzioso, il ruolo delle parti in causa e quello dei giudici.

Le classi, poi, sono suddivise in gruppi a ciascuno dei quali compete l’elaborazione di un intervento a favore di una delle suddette parti. Nel corso dell’anno, i gruppi redigono gli interventi, elaborando argomentazioni coerenti con il caso in questione e la fattispecie normativa. In altri termini, i giovani sono “chiamati” ad elaborare le argomentazioni più favorevoli a ciascuna parte del processo tributario in un gioco dialettico di rimandi tra le specificità concrete del caso e la normativa. Questo “andirivieni” consente ai giovani di sviluppare competenze di natura operativa, che hanno una valenza professionalizzante.

L’insieme degli interventi elaborati dagli alunni costituisce una sorta di copione che gli alunni “recitano” nella manifestazione conclusiva del progetto.

In maniera più specifica, la metodologia dello studio di casi si articola nel modo seguente.

Ogni anno i docenti traggono i casi di studio dalla realtà effettiva dei procedimenti giudiziari. Si tratta, perlopiù, di casi ricavati dalla realtà locale o regionale, poiché questi hanno attinenza con il territorio in cui i giovani vivono e in questo senso possono risultare più comprensibili e interessanti.

Il percorso che conduce alla scelta è il seguente.

All’inizio dell’anno scolastico, il gruppo dei pari (composto dai docenti della stessa disciplina) sceglie di approfondire alcuni aspetti o temi del tradizionale programma. La scelta dei casi, quindi, è coerente con la prospettiva di didattica adottata.
Viene definito un range di casi attinenti agli scopi didattici previsti, al cui interno dovrà essere compiuta un’ulteriore selezione.
All’interno di tale range, infatti, sono individuati i casi che si prestano maggiormente all’attività didattica. In altri termini, essi non devono essere eccessivamente complessi, ma prestarsi agevolmente agli scopi didattici previsti.
I casi prescelti, qualora abbiano riferimenti specifici, sono resi anonimi, in maniera tale da analizzare solo l’oggetto del contendere come caso di studio.
Essi, infine, sono rielaborati dai docenti in maniera tale da potenziare gli aspetti più significativi, coerenti con gli obiettivi didattici individuati all’inizio del percorso.

Come si è visto più sopra, ciascun gruppo, sotto la guida dei docenti, procede a elaborare la posizione assegnata. L’elaborazione avviene in corso d’anno e termina circa un mese prima della simulazione pubblica che conclude l’attuazione del progetto. Il lavoro degli alunni implica attività di didattica laboratoriale.

Questa ultima, come è noto, non prevede la presenza fisica degli alunni nei cosiddetti laboratori a disposizione delle scuole, ma la possibilità di “agire” la didattica in senso pratico e operativo. Essa, inoltre, richiede ai docenti di passare dall’informazione alla formazione e innesca, negli studenti, un atteggiamento attivo verso l’apprendimento, basato su curiosità e desiderio di mettersi alla prova. In questa prospettiva, il percorso annuale del progetto è segnato da alcuni incontri con soggetti esperti che presentano, in forma discorsiva, le loro esperienze e i loro particolari punti di vista. Questi incontri, veri e propri laboratori didattici, si sono rivelati atti a interessare gli alunni, ad animare i dibattiti e a influenzare l’elaborazione degli interventi per la simulazione del processo tributario.

Un altro importante laboratorio didattico consiste nella compilazione del modello 730. Gli studenti, infatti, sotto la guida dei docenti imparano a compilare una semplice dichiarazione dei redditi (mod. 730), in base alle norme contenute nelle istruzioni. Imparano altresì a provvedere all’invio della dichiarazione tramite entratel. Queste loro competenze sono quindi rivolte alla cittadinanza, in quanto i ragazzi offrono la loro disponibilità a compilare, per tutti coloro che lo vogliono, la dichiarazione. Ciò avviene sotto la supervisione di un CAF, generalmente in un giorno nel mese di Aprile. Ovviamente la data per tale servizio viene pubblicizzata dai mass media.

I soggetti coinvolti, di anno in anno, sono stati i seguenti: l’Agenzia delle Entrate, la Guardia di Finanza, gli Ordini Professionali degli Avvocati, Commercialisti e Consulenti del Lavoro, le Commissioni tributarie, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, A.M.T ecc.

Tra le attività più significative, vi è l’esperienza dei tre gradi di giudizio in materia tributaria. Gli alunni, in sostanza, assistono a pubbliche udienze presso la Commissione Tributaria Provinciale, la Commissione Tributaria Regionale e infine presso la Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione.

Studio di casi e didattica laboratoriale rappresentano la prospettiva pedagogica e didattica fondamentale adottata nell’attuazione del progetto.

LA MANIFESTAZIONE CONCLUSIVA

Al termine del progetto (generalmente nel mese di Maggio), la scuola organizza una manifestazione pubblica, durante la quale gli studenti rappresentano un dibattimento processuale che vede contrapposti cittadino e Amministrazione Finanziaria.

In altri termini, gli alunni simulano il processo tributario, usando il “copione” degli interventi elaborati. La funzione primaria è quella di illustrare agli spettatori (perlopiù esperti o conoscitori della materia) le argomentazioni a sostegno delle parti. In sostanza viene offerta ai presenti una vera e propria simulazione del processo tributario di primo e di secondo grado, nel rispetto dei ruoli dei protagonisti del rito giudiziario: difensore del contribuente, rappresentante dell’Ufficio delle Entrate, giudici, segretario di commissione, periti, ecc. La simulazione, tuttavia, riveste anche caratteri recitativi e mette in gioco le capacità interpretative degli alunni (un gruppo ristretto, selezionato dai docenti). Alcuni di loro rivelano, non a caso, capacità “artistiche” nell’enfasi con cui ricoprono i vari ruoli. La simulazione, quindi, ha la funzione di favorire l’acquisizione di sicurezze personali, legate proprio all’esibizione pubblica.

L’elemento più significativo, tuttavia, risiede nel fatto che il Collegio giudicante che interviene nelle simulazioni è presieduto da un autentico professionista, un Giudice Tributario che svolge effettivamente tale ruolo. In tal senso la sentenza emessa acquista una forte valenza realistica per le competenze di cui è portatore quest’ultimo. Ovviamente, considerata la ristrettezza di tempo, i docenti approntano una sentenza (poiché non è immaginabile che essa possa essere redatta in pochi minuti), ma essa passa comunque dal vaglio del Giudice, che può intervenire per modificarla.

Da questo punto di vista, gli alunni delle classi iniziali che assistono alla simulazione e che parteciperanno al progetto in futuro ricevono lo stimolo a redigere interventi sempre più documentati e coerenti con le norme vigenti, proprio per la partecipazione di un giudice “vero”.

La manifestazione conclusiva, dunque, testimonia del valore dell’intero percorso, mostrando gli esiti operativi dell’impostazione pedagogica fondata sullo studio dei casi e sulla didattica laboratoriale, mentre gli interventi elaborati testimoniano delle competenze acquisite da parte degli studenti.

Senz’altro, grazie a questa sperimentazione i progressi degli alunni non appaiono comparabili a quelli ottenuti con la didattica tradizionale. Anche dal punto di vista della sensibilità civica, i giovani acquistano, da un lato, una maggiore consapevolezza dei guasti causati dall’evasione e dall’elusione e, dall’altro, una più acuta percezione dei meccanismi, purtroppo non sempre lineari, del prelievo fiscale e delle modalità di difesa sia in fase pre-contenzioso che di contenzioso.

CONCLUSIONI: DAL DIBATTIMENTO PROCESSUALE AL “DEBATING”

L’implementazione del progetto, reiterata negli anni, ha portato i Docenti ad alcune considerazioni circa le difficoltà incontrate nel percorso svolto. La maggiore tra esse risiede nella costruzione degli interventi, cioè del discorso argomentativo. I ragazzi, infatti, pur avendo acquisito una buona conoscenza dei testi normativi e contestualmente delle caratteristiche del caso di studio, non sempre possiedono capacità adeguate nel “cucire” assieme questi due elementi in un discorso argomentato e coerente. In termini tecnici potremmo dire che vi sono difficoltà nel correlare la fattispecie astratta con quella concreta. Le capacità in questione, in verità, sono piuttosto rare e, come si evince dalle ricerche, difficilmente rintracciabili anche tra i giovani che entrano nel mondo del lavoro. Questo, ovviamente, non implica un giudizio negativo sugli alunni in quanto tali. In generale, possiamo affermare che la società non aiuti i giovani ad acquisire padronanza con il discorso fondato su argomentazioni, anche perché i mondi vitali nei quali le generazioni precedenti acquisivano tali capacità sono andati declinando. I giovani di trenta anni fa compivano i loro percorsi formativi all’interno di comunità tipiche del mondo adolescenziale e cioè le parrocchie, i partiti, i luoghi di raduno dei giovani dei movimenti di protesta … Oggi i principali luoghi di ritrovo sono i centri commerciali, le multisale cinematografiche, le discoteche, ecc., tutti ambienti in cui non si ha modo di praticare l’arte del discorso argomentativo. Anche la dimensione dei social network, che pur si nutre di comunicazione, appare inadeguata al confronto discorsivo e razionale per la sua essenzialità e per la forte connotazione emozionale. Ma anche la scuola, pur rappresentando un ambito essenziale per la socializzazione secondaria e quindi di interazione, non sempre si presenta come il luogo della comunicazione discorsiva. Oggi le assemblee di istituto raramente offrono l’occasione per un confronto autentico di idee e in molti casi sono diventate semplicemente un momento per sfuggire alla routine scolastica. D’altro canto, l’attività d’insegnamento si incentra tutt’oggi sulla didattica per conoscenze, anziché promuovere le competenze di problem solving indispensabili per le attività del progetto. Essa, molto spesso, prevede un passaggio di contenuti che, originariamente formulati dal docente, nelle spiegazioni, sono poi “restituiti” a quest’ultimo dallo studente, nelle interrogazioni. L’acquisizione delle conoscenze, in sostanza, non comporta di per sé lo sviluppo del discorso argomentativo. In questa prospettiva la nostra scuola, per superare meglio le difficoltà evidenziate, ha promosso la pratica del “Debating” sulla scorta di quanto avviene presso altre scuole italiane come l’ISIS “L. Pacioli” di Crema che è anche capofila di un’apposita rete di cui anche noi facciamo parte. Il “Debating”, come è noto, rappresenta una didattica mirata al confronto dialettico, la quale prevede l’individuazione di un tema, la composizione di due squadre opposte e la definizione formale rigorosa di tempi e modi in cui effettuare il dibattito. Al termine di questo ultimo, viene proclamata la squadra vincitrice da una “giuria” che, nel nostro caso, è formata da docenti. Questa pratica, che rimanda al funzionamento delle istituzioni politiche liberali al cui interno si compongono maggioranze e minoranze parlamentari, conduce i giovani all’esercizio delle capacità argomentative ed è senz’altro proattiva rispetto al nostro progetto. Ovviamente i tempi di attuazione del “Debating” sono molto più brevi di quelli di “Fisco e Legalità” e le competenze che esso sollecita hanno a che fare anche con l’intuizione e con le capacità dialettiche che si innescano nell’immediatezza del dibattito, ma la logica che ispira entrambe le attività è sostanzialmente affine. “Fisco e Legalità”, in sostanza, ha arricchito la discussione interna alla scuola sui temi didattici, favorendo l’istituzione di nuove pratiche come il “Debating”. Abbiamo ragione di ritenere che queste ultime, a loro vota, possano interagire proficuamente con il progetto stesso.

In conclusione il progetto, che ha ricevuto il patrocino dell’INDIRE, nel corso degli anni ha mostrato una formidabile valenza educativa e in tal senso ci auguriamo che esso possa essere riconosciuto dal Ministero e possa acquisire un ruolo propedeutico e di stimolo per molte altre scuole attraverso una collaborazione di rete che ha già iniziato ad essere operativa con la sottoscrizione di un accordo fra il nostro Istituto (quale capofila del progetto) e l’Istituto Omnicomprensivo “Baggi” di Sassuolo.

IL DIRIGENTE SCOLASTICO
Prof. Alessandro Artini